Mario Tchou è stato il direttore del gruppo di lavoro che alla fine degli anni ’50 del secolo scorso ha dato vita all’ELEA 9003, il primo computer commerciale interamente basato su transistor.

Tchou, nato a Roma nel 1924, è un giovane ingegnere italiano di origini cinesi, con un master conseguito al Politecnico dell’Università di New York, quando all’età di soli 28 anni gli viene assegnata una cattedra alla Columbia University presso il dipartimento di elettronica industriale.

L’INCONTRO CON ADRIANO OLIVETTI

Nel 1954, presso la sede americana dell’Olivetti, incontra Adriano Olivetti in persona.

Quest’ultimo è sempre più convinto che l’elettronica applicata al calcolo e al business sia destinata a sconvolgere completamente il mondo futuro, e che quindi la sua azienda, anche per naturale vocazione, debba contribuire al suo sviluppo.

Adriano propone quindi al giovane ingegnere di tornare in Italia e assumere la direzione delle attività di Olivetti in questo settore. Nasce così il programma di costruire il primo computer italiano, il progetto ELEA (ELaboratore Elettronico Automatico), che richiama volutamente nell’acronimo la scuola di Elea del filosofo Parmenide.

Il progetto del primo computer italiano nasce come una ‘joint venture’ con l’università di Pisa che, su suggerimento di Enrico Fermi, aveva destinato risorse non trascurabili allo sviluppo di un calcolatore, e che era in cerca di un partner industriale che contribuisse al progetto sia dal punto di vista finanziario che da quello tecnologico-industriale.

I PRIMI PROTOTIPI

Mario Tchou conduce personalmente centinaia di colloqui per assumere ingegneri, matematici e fisici necessari per staffare il laboratorio, privilegiando nella selezione i candidati più giovani e i più entusiasti.

Dopo appena due anni nel 1957, il gruppo realizzò la “macchina zero”, l’ELEA 9001: un prototipo a valvole termoioniche, con una parte a transistor al germanio per gestire la memoria, che fu usata nella fabbrica Olivetti di Ivrea per automatizzare la gestione del magazzino.

Alla fine del 1957 il gruppo rilascia l’ELEA 9002, che è sempre basato sulle valvole ma impiega anche transistor al silicio per la gestione della memoria. portò

ELEA 9003 – IL PRIMO COMPUTER COMMERCIALE BASATO SULLA TECNOLOGIA DEI TRANSISTOR

L’anno successivo Tchou, d’accordo con Roberto Olivetti, trasferisce le attività del gruppo da Pisa alla periferia di Milano, in un contesto presumibilmente più favorevole allo sviluppo di attività industriali.

Nel 1958 vede la luce finalmente l’ELEA 9003, il primo computer commerciale interamente basato sulla tecnologia dei transistor, una macchina che in quel momento non aveva rivali.

Poteva eseguire fino a tre programmi contemporaneamente e aveva una potenza di calcolo di 8000 istruzioni al secondo.

L’ELEA 9003 viene disegnato da Ettore Sottsass ed è tutt’oggi considerato un capolavoro del design industriale.

L’ELEA 9003 era programmabile in linguaggio macchina e non disponeva di un sistema operativo. Ciò nonostante per design e tecnologia era la macchina commerciale più avanzata in quegli anni: infatti fu prodotto in 40 esemplari che furono assorbiti per lo più da grandi aziende (sembrano pochi oggi, ma per l’epoca erano tanti).

Per la produzione di un ELEA 9003 occorrevano 300 000 transistor e diodi molto affidabili per ogni macchina, ciò che mosse Olivetti a creare la SGS (Società Generale Semiconduttori), in cooperazione con Telettra.

La SGS diventerà in seguito la STMicroelectronics, tuttora un leader mondiale nella produzione dei chip.

Dal lavoro di Tchou e dei suoi ragazzi prese origine anche il primato mondiale di Olivetti nelle macchine a controllo numerico che darà vita in seguito alla creazione della OCN (Olivetti Controllo Numerico).

UNA MORTE SOSPETTA

Il 9 novembre del 1961 la macchina su cui si trovava Mario Tchou si schianta contro un furgone sull’autostrada Milano-Torino, e Mario resta ucciso.

Molti pensarono e pensano tuttora che quella morte non sia stata accidentale, ma sia da ascrivere ai servizi americani.

Sta di fatto che, complici la morte di Adriano Olivetti e una crisi industriale dell’Azienda, e anche a causa di non indifferenti pressioni ‘politiche’, la divisione elettronica fu ceduta nel 1964 alla General Electric.

Come ebbe poi a dichiarare la moglie di Tchou: una cosa è certa. La sua morte e quella di Adriano portarono, in poco tempo, alla dismissione della Divisione Elettronica di Olivetti, fiore all’occhiello del nostro Paese, che fu venduta in fretta alla General Electric. Quello sì fu un complotto, tutto industriale e finanziario, volto a indebolire l’Olivetti e l’Italia e a fare un favore agli americani”.


Ringraziamo per il contributo PAOLO RICCARDO FELICIOLI