Non sappiamo ancora se e come le Università potranno riaprire l’anno accademico in presenza dopo l’estate.

Si parla molto di aumentare le risorse per il diritto allo studio e lo sviluppo delle infrastrutture digitali, ma l’impressione è che sotto ci sia ben poca realtà, anche perché la crisi economica innescata dal lockdown farà sicuramente calare le iscrizioni limitando di fatto le possibilità di investimento degli atenei.

Spinta dall’emergenza, la soluzione e-learning è emersa naturalmente come una valida soluzione per mantenere la diffusione dell’istruzione superiore, ma insegnare a distanza è un’attività che richiede organizzazione e specifiche professionalità, spesso ancora non presenti all’interno di molti atenei.

Beninteso con l’esclusione delle 11 (poche) università telematiche presenti in Italia.

La premessa necessaria è che i docenti universitari non amano fare le proprie lezioni online. Spesso hanno difficoltà a padroneggiare gli strumenti, e non essendo abituati alla mancanza di contatto, non sanno come gestire la transizione del proprio metodo didattico da offline a online.

Ma anche gli studenti, che oltretutto percepiscono queste difficoltà dei docenti, tendono a soffrire la mancanza dell’università nella sua formula classica, che è fatta soprattutto di interazioni “fisiche” e di comunità.

Proprio per questo la scelta di offrire, anche solo parzialmente, un insegnamento in modalità e-learning richiede – oltre ovviamente alla condicio sine qua dell’efficienza della struttura tecnologica – anche una metodologia rigorosa e specifica, nonché la capacità di misurare l’efficacia dell’insegnamento e di definire il risultato raggiunto.

Non basta che ogni studente e ogni docente siano dotati di un dispositivo elettronico (pc, tablet, smartphone) e di un collegamento Internet. E già questa condizione non va data per scontata.

Se un ateneo vuole offrire percorsi e-learning deve riuscire a rispettare una precisa serie di regole, come per esempio:

  • dotarsi di strumenti interattivi come le aule virtuali, ma anche organizzare chat e usare i social media, che stimolano il confronto e la collaborazione tra studenti;
  • formare i propri docenti sull’uso di tali strumenti, ma anche e soprattutto sulle metodologie specifiche dell’insegnamento a distanza, che per sua natura è una didattica interattiva;
  • mettere a disposizione un folto team di specialisti di supporto (Tutor, Mentor, Coach, …);
  • organizzare la registrazione delle lezioni, rendendole disponibili in streaming in qualunque momento;
  • permettere la costruzione di percorsi di studio personalizzati;
  • definire e garantire le modalità dell’esame online.

 

E i docenti universitari dovranno necessariamente essere in grado di:

  • ripensare proprio modo di fare didattica;
  • riconvertire i materiali di riferimento;
  • modificare i tempi e la ritmica delle lezioni;
  • adottare differenti metodi di valutazione dell’apprendimento;
  • ricercare modalità per il recupero del senso comunitario della vita universitaria.

Sono condizioni difficili, e sicuramente non praticabili in tempi brevi per coloro che non abbiano avuto esperienze pregresse nell’insegnamento a distanza.

Tuttavia, per chi come Piazza Copernico lavora in questo campo da moltissimo tempo, la prospettiva di un’educazione universitaria che riesca finalmente a capire come sfruttare l’e-learning è estremamente allettante.

La modalità e-learning, pur garantendo pienamente l’interazione nel rapporto fra docente e discente, consente per sua natura agli studenti di fruire di una maggiore flessibilità e di costi inferiori (pensiamo per esempio ai fuori sede), e in questo senso può costituire anche un fattore estremamente utile per il superamento delle disuguaglianze economiche e geografiche che rendono spesso difficile l’accesso alla formazione universitaria.

Lo studente potrebbe più facilmente accedere al percorso di studi superiori liberandosi dal condizionamento derivante dalla localizzazione dell’istituzione formativa, e valutando invece soprattutto le scelte dei percorsi formativi, la qualità dell’insegnamento erogato, la facilità di accesso, l’offerta di tutoring durante il corso di studi.

Insomma l’e-learning – se organizzato in maniera corretta –  potrebbe aiutare a rendere più facile e democratico l’accesso all’istruzione terziaria, con tutte le ricadute positive che ne conseguirebbero per il Paese.